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Pittori fiamminghi del Quattrocento: Van der Weyden

Che cosa vuol dire “pittura fiamminga” e dove si sviluppa? Conoscete le opere dei maggiori pittori fiamminghi del 400? In quest’articolo troverete le risposte a queste domande e un approfondimento su Rogier Van der Weyden, seguiteci e scoprite questa bellissima pagina di storia dell’arte con noi!

Vi abbiamo già parlato delle caratteristiche della pittura fiamminga e del ritratto dei coniugi Arnolfini, l’opera più famosa di Jan van Eyck, oggi parliamo di un altro grande pittore fiammingo, Van der Weyden!

Van der Weyden: La Deposizione

Rogier van der Weyden è nato nel 1400 ed è morto nel 1464. Secondo i critici è molto probabile che abbia studiato a bottega da Robert Campin, più noto come il Maestro di Flémalle. La pittura di van der Weyden fu conosciuta in Italia già nel 1450, anno del Giubileo. Il pittore, infatti, si recò a Roma e poi colse l’occasione per ammirare le opere i alcuni importanti artisti italiani come Gentile da Fabriano e Pisanello. Visitò diverse città tra cui Napoli e Milano, a Ferrara lavorò per Lionello d’Este realizzando la Deposizione, una tavola oggi custodita agli Uffizi di Firenze.

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R. van der Weyden, Deposizione nel sepolcro, 1450 circa, olio su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze. Credit: wikimedia commons.

In quest’olio su tavola del 1450 troviamo alcune della caratteristiche della pittura fiamminga come ad esempio la precisione nei dettagli e i colori vivaci e brillanti. In questo caso Van der Weyden adotta un punto di vista rialzato che riesce a catturare l’attenzione dello spettatore facendolo immergere nella scena. La desolazione provata dai protagonisti è palpabile, il naturalismo è ravvisabile nella cura con cui viene riprodotto il paesaggio e la superficie rocciosa.

Il pittore aveva già affrontato il tema della deposizione di Cristo dalla croce in un altro dipinto olio su tavola datato 1440, oggi conservato al Museo del Prado (Madrid). Questa versione propone dinamiche emotive molto più forti: la Madonna è svenuta per l’emozione e lo sconforto, i Santi non nascondono il proprio dolore (guarda, ad esempio, la figura più a destra), il corpo del Cristo è completamente abbandonato, quasi scomposto. I panneggi hanno consistenza materica che molto probabilmente deriva dallo studio delle opere di van Eyck.

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R. van der Weyden, Deposizione dalla croce, 1440, Olio su tavola, Madrid, Museo del Prado. Credit: wikimedia commons.

La pittura ad olio dei fiamminghi

La pittura ad olio è una tecnica attestata già nei trattati di Teofilo (XII secolo) e Cennini (XIV secolo). I fiamminghi, quindi, non possono essere considerati gli inventori però non è sbagliato affermare che grazie a loro questa tecnica ha raggiunto livelli di perfezione straordinari! In un primo momento i pittori olandesi scelsero la tavola di legno e non la tela come supporto pittorico: le tavole dovevano essere accuratamente preparate attraverso un processo complesso (per un approfondimento sui materiali dell’arte e il legno leggi qui!). I pigmenti erano mescolati ad oli essenziali o purificati (come a d esempio quelli di lino o di noce).

I pittori fiamminghi svilupparono una tecnica straordinaria che consisteva nello stendere numerosi strati molto sottili, ognuno dei quali lasciato asciugare prima di proseguire. Il colore ad olio permette una certa duttilità tecnica e molti altri artisti, contrariamente ai fiamminghi, la scelgono perché asciugando lentamente permette un certo agio nel procedere.

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