In occasione dell’Expo 2015, il cui titolo è Nutrire il pianeta. Energia per la vita, Zebrart vi offre approfondimenti specifici sul longevo e affascinante rapporto cibo – storia dell’arte, perché il cibo è anche cultura, tradizione e storia. L’approfondimento di oggi è a cura di Maria Serena Vassiadis che ringraziamo per lo splendido articolo… buona lettura!
Il rapporto tra cibo e storia dell’arte è sempre stato molto stretto: pensiamo alle scene di vita contadina o agli interni delle dimore nobiliari; alla celeberrima Colazione sull’erba di Manet e alle costolette d’agnello dipinte da Salvador Dalì; alle nature di morte di Caravaggio e a quelle di Annibale Carracci.
Il cibo nella storia dell’arte: il Medioevo
L’elemento “cibo” è stato trattato fin dalle origini del cristianesimo, caricandosi di una fortissima valenza simbolica. I primi cristiani, a causa della clandestinità alla quale erano costretti, furono obbligati a comunicare tramite un’elaborata iconografia. Essa doveva apparire, agli occhi dei persecutori, assolutamente innocua, per non suscitare sospetti. Cristo, ad esempio, viene molto spesso rappresentato come agnello, così come spesso si sceglieva di rappresentare una piccola parte a simbolo del tutto, come nel caso di un singolo pesce che sottintendeva, invece, il ben noto Miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Dell’Ultima Cena, si ha talvolta una rappresentazione aulica, altisonante e ricca di stile, in altri casi, invece, costituisce il ritratto dei limiti o più semplicemente delle abitudini di vita del luogo in cui è stata realizzata.
Un esempio curioso è quello relativo all’area geografica situata fra le Alpi e la pianura attraversata dal Piave, ove riscontriamo una serie di piccole chiese, cappelle ed oratori che costituiscono una mappa caratterizzata da una “strada” comune, un soggetto iconografico tipico e al contempo insolito: l’Ultima Cena con gamberi.

L’elemento dei gamberi in questa scena religiosa si trova esclusivamente in questa ristretta regione e risulta realizzato solo tra il XIV e XVI sec. La spiegazione è semplice: il gambero di fiume era alimento molto diffuso e di facile approvvigionamento nelle acque di quella zona, un prodotto umile per famiglie povere. Ha un aspetto cruciforme, si rigenera con una muta ogni primavera e, dopo la cottura, assume colorazione rosso intenso. Per tutte queste caratteristiche di tipo culturale, legate a quella precisa zona geografica, il gambero aveva tutte le carte in regola per simboleggiare la Passione, il sacrificio la Resurrezione di Cristo, divenendo dunque elemento più che degno di far parte dell’Ultima Cena.
Il cibo nella storia dell’arte: l’età moderna
Del Rinascimento, epoca di grandi innovazioni e sperimentazioni tecniche, non possiamo non ricordare il celeberrimo Cenacolo di Leonardo da Vinci, dipinto tra il 1494 e il 1498 all’interno del Refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie a Milano.

Dal punto di vista culinario, sulla tavola imbandita si possono osservare piatti colmi di pesci e fette d’arancia: queste ultime alludono al Paradiso, i pesci, invece, agli apostoli pescatori e al lago di Tiberiade. Giuda viene rappresentato mentre versa accidentalmente il sale con il gomito, un gesto dal duplice significato: secondo la tradizione popolare, infatti, è segno di malaugurio, mentre da un punto di vista religioso ci si ricollega idealmente al Sermone della Montagna, in occasione del quale Gesù chiamò i suoi discepoli “sale della terra” per il proprio compito di messaggeri con la missione di diffondere il Verbo, missione alla quale Giuda non avrebbe adempiuto.
Negli ultimi decenni del Cinquecento si assiste ad un notevole rinnovamento iconografico della pittura di devozione come conseguenza del riconoscimento, sancito dal Concilio di Trento, dell’importante capacità degli elementi naturali di trasmettere e stimolare la devozione religiosa.

L’attenzione ai temi della vita quotidiana caratterizzò fortemente l’arte dei paesi che aderirono alla Riforma. In molte opere pittoriche del tempo, vediamo rappresentati interni di cucina o tavole riccamente imbandite, in queste scene le raffigurazioni degli episodi del Nuovo Testamento divenivano un semplice pretesto per rappresentare esuberanti accumulazioni di vivande, molto più attraenti per l’occhio del fedele, disposte in primo piano. Si ricordino a tal proposito le opere degli olandesi Pieter Aertsen, Joachim Beuckelaer; l’interpretazione in chiave allegorico-profana di Vincenzo Campi, i capolavori di Bartolomeo Passarotti e di Annibale Carracci.
Il cibo nella storia dell’arte: uno sguardo contemporaneo
Si può affermare che sulle tavole dei Cenacoli apparve una sorta di racconto complessivo del cibo dall’antichità fino ad oggi, trattandosi di un soggetto perdurante e riscontrabile anche nella contemporaneità. L‘artista Vanessa Beecroft, ad esempio, ha realizzato una cena simbolica con modelle nude e nel 2009 ha realizzato la performance dal titolo 2009 V65 presso il padiglione di Arte Contemporanea di Milano. Questa voleva essere una rivisitazione dell’Ultima Cena di Leonardo, nella quale i protagonisti erano immigrati africani vestiti di nero e seduti ad un lungo tavolo di vetro, intenti a mangiare pollo e pane nero con le mani. Non solo, quindi, la Beecroft suscita nei nostri sguardi un effetto di straniante spaesamento, consegnandoci una versione inaspettata di una scena ben nota, ma inserisce nel complesso e delicato tema dell’Ultima Cena delle tematiche legate alla nostra società e alla nostra storia attuale.
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