Che cosa sono i pigmenti? Quali sono quelli più utilizzati dagli artisti nell’antichità? Scopriamolo insieme!
Pigmenti: naturali, organici, sintetici…
I pigmenti sono delle sostanze che vengono utilizzate per colorare e non si sciolgono in acqua ma devono essere mescolati ad altre sostanze. Nel corso della storia, partendo già dall’antichità, gli artisti hanno utilizzato espedienti, tecniche e ricette diverse per ottenerli. Oggi basta recarsi in un negozio specializzato per trovare dei pigmenti in polvere già pronti -o, addirittura, possiamo servirci di colori a olio, acquerelli, colori acrilici e tempere già pronte per l’uso!- ma fino a poco tempo fa gli artisti preparavano da soli gli ingredienti delle loro opere! Adesso entriamo nel vivo! Nel mondo greco-romano, infatti, le più diffuse tecniche pittoriche erano l’affresco, l’encausto e la pittura a tempera. Come era possibile ottenere i colori necessari alla realizzazione di un’opera?
Dipinti antichi: come venivano realizzati? Scopriamo quali pigmenti venivano usati!
Il bianco si otteneva delle argille e dalle marne, ma anche da farine fossili e dalla cerussa (bianco di piombo o biacca). Per ottenere la biacca si poteva ricorrere a vari metodi, uno dei più comuni consisteva nell’immergere nell’aceto lastre di piombo e farle macerare per 10 giorni. Dopo si grattava la patina in superficie e si rimetteva a macerare il metallo. La raschiatura ottenuta veniva macinata e raffinata. Inoltre bastava cuocere il bianco di piombo per ottenere anche altri colori: il piombo, infatti, prima ingiallisce e poi vira verso il rosso (che in questo caso si chiama minio)!
Il nero era ricavato dal carbone oppure dalle ossa e dall’avorio. Bisognava triturare ossa di animali oppure scaglie di avorio e farli calcinare (ovvero riscaldare) in recipienti chiusi. Il nero avorio era molto intenso ed era molto utilizzato a Creta con il nome di nero elephantinum.
Per quanto riguarda il rosso ricordiamo che veniva utilizzata la rubrica, una terra rossa che poteva essere ottenuta anche artificialmente, calcinando l’ocra gialla in vasi. La qualità della rubrica artificiale, tuttavia, non era all’altezza di quella naturale. Il minio, di cui abbiamo parlato sopra, era uno dei rossi più apprezzati ma purtroppo era scarsamente resistente alla luce e agli attacchi chimici. Sinope, invece, era il nome della città da cui si ricavava la sinopia, una terra di colore rosso molto adoperata nel mondo greco-romano. Gli artisti avevano a disposizione anche lacche rosse, ossia coloranti organici: la robbia, il sangue di drago e il kermes. La robbia è una radice il cui estratto veniva anche utilizzato per migliorare il colore della porpora; il sangue di drago è la resina di una pianta rampicante della famiglia delle palme; il kermes è il termine con cui si indicava un piccolo insetto da cui veniva estratto il colorante.
L’ocra gialla è certamente molto utilizzata e vanta una storia molto antica, ha una consistenza terrosa ed è costituita prevalentemente da ossido di ferro idrato. Se l’ocra gialla viene “cotta” diventa ocra rossa (ematite)! Altri pigmenti gialli erano l’orpimento, di colore molto brillante, e il litargirio che poteva essere ricavato naturalmente oppure artificialmente, per cottura di materiali contenenti alte percentuali di piombo.
I verdi più usati sono la malachite, il verderame e la crisocolla. La malachite è un carbonato basico di rame, la crisocolla un silicato di rame. Il verderame, invece, non esiste in natura e si poteva ottenere usando aceto (sottoforma di vapore o liquido) e lastre di rame. Il rame, infatti, che ha quel bel colore che tutti conosciamo, quando viene sottoposto a corrosione diventa verde.
Per quanto riguarda il blu si ricorreva all’utilizzo del lapislazzuli, molto costoso, o dell’azzurrite che, sebbene sia una delle tonalità di blu più antiche e diffuse, non è un ottimo pigmento perché tendeva a diventare verdastro. Si tratta, infatti, di un carbonato basico di rame e a certe condizioni atmosferiche può anche trasformarsi in solfuro di rame, di colore nero! Si utilizzavano anche delle lacche come ad esempio l’indaco, tratto dalle piante Indigofere, le cui foglie venivano raccolte nel momento della fioritura e lasciate macerare in acqua, o dal guado, anch’essa una pianta, che però dava una tonalità leggermente meno brillante dell’indaco vero e proprio.
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Show comments Hide commentsSalve, sono interessata a tutto quello che riguarda l’arte e mi piacerebbe essere informata per approdondire tutti gli argomenti di ricerca ad essa legati.
Ciao Maria, continua a seguirci per restare aggiornata! Un abbraccio!