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Giorgio de Chirico – l’oggetto nella Metafisica

Il mondo degli oggetti è spesso presente all’interno delle opere d’arte.

Le opere della Metafisica di Giorgio de Chirico presentano moltissimi oggetti apparentemente enigmatici. Perchè scelse quei manichini per rappresentare le sue Muse inquietanti? e cosa si cela dietro il Ritratto premonitore di Apollinaire? Osserviamo insieme gli oggetti della Metafisica!

La Metafisica di Giorgio de Chirico

Nel 1911 Giorgio de Chirico, insieme al fratello Alberto Savinio (anche lui pittore e scrittore), era a Parigi, capitale dell’arte moderna.

È qui che nasce la Metafisica, o meglio, la definizione della pittura metafisica. Nata nello stesso anno del Futurismo (ma solo dal 1917, a Ferrara, si formerà una vera e propria scuola della Metafisica), questa corrente pittorica si pone, rispetto ad esso, esattamente all’opposto.

Se per i futuristi tutto era dinamico, agitato, in movimento; nella pittura metafisica domina l’immobile, la stasi, tutto sembra come congelato nel tempo, pietrificato.

Il primo quadro metafisico è del 1909, Enigma di un pomeriggio autunnale, nato dopo una visione che l’artista ebbe in Piazza Santa Croce a Firenze; ma solo tra il 1912 e il 1913 il pensiero e la produzione di Giorgio de Chirico prenderanno la vera cifra stilistica che caratterizzerà la Metafisica, una pittura estremamente celebrale, ragionata, in cui tutto è reale (gli oggetti e le piazze rappresentate corrispondono alla realtà) anche se spesso vengono rappresentate scene frutto di sogni o dell’immaginazione dell’artista.

Giogio de Chirico, Melanconia di un pomeriggio autunnale, 1913
Giogio de Chirico, Melanconia di un pomeriggio autunnale, 1913

Nel 1913 de Chirico partecipò al Salon d’Automne e Apollinaire, celebre critico lo descrisse come un pittore nuovo, moderno ed originale.

L’arte di questo giovane pittore è un’arte interiore e cerebrale che non ha alcun rapporto con quella dei pittori che si son rivelati in questi ultimi anni. Non viene né da Matisse né da Picasso, e non deriva dagli impressionisti. Questa originalità è talmente nuova che merita di essere segnalata. Le sensazioni molto acute e molto moderne del signor de Chirico prendono in genere una forma architettonica. Sono stazioni ornate da un orologio, torri, statue, grandi piazze deserte; all’orizzonte passano treni delle ferrovie. Ecco alcuni titoli singolari per questi dipinti stranamente metafisici: L’énigme de l’oracle, La tristesse du départ, L’énigme de l’héure, La solitude e Le sifflement de la locomotive.

Da questo momento la fama di Giorgio de Chirico crebbe in brevissimo tempo. Se fino al 1913 gli oggetti rappresentati nei suoi lavori potevano essere interpretati in chiave filosofica, e molti erano i rimandi a Schopenauer, a Nietzsche etc…, adesso diventano del tutto arbitrari, segni che alludono ad un vocabolario impermeabile in cui sono gli oggetti stessi a costituirne l’alfabeto. Non nature morte ma simboli, segni che lasciano lo spettatore privo di risposte e anzi, sono essi stessi ad interrogarlo sulla loro natura.

Gli oggetti della Metafisica

Giorgio de Chirico, Muse inquietanti, 1916-18
Giorgio de Chirico, Muse inquietanti, 1916-18

L’oggetto di De Chirico, dalla quotidianità passa ad assumere un significato spiritualmente più elevato.

Nel manichino, ad esempio, convergono molti significati: dai prototipi del Musicista di Saint-Merry (poesia di Apollinaire), agli studi di sartoria, fino all’uomo bersaglio del tiro a segno. Altro riferimento letterario del manichino è quello del protagonista dei Canti della mezza morte, opera del fratello Savinio. Ecco quindi come un semplice manichino, assume innumerevoli significati, legati all’artista ma al tempo stesso universali.

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Giorgio de Chirico, Ritratto premonitore di Guillaime Apollinaire, 1914

E ancora, nel Ritratto premonitore di Apollinaire, il ritratto del poeta e amico è in realtà nell’ombra in secondo piano, e come dice il titolo del quadro è premonitore per via del bersaglio sulla tempia; Apollinaire si arruolò volontario in guerra e circa due anni dopo il dipinto verrà colpito, proprio nel punto indicato dal bersaglio, dallo scoppio di una granata. Il busto in primo piano con gli occhiali scuri, viene invece interpretato come la figurazione del topos del poeta cieco/veggente, forse Orfeo, ma anche come ritratto del fratello poeta.

Il pesce, altro elemento piuttosto ricorrente nella sua pittura, è stato ricollegato ad Orfeo, personaggio citato da Apollinaire in una raccolta di poesie del 1914.

Secondo la critica, la struttura di questo dipinto ricorda vagamente l’interno di una macchina fotografica. Ipotesi avvalorata dal fatto che lo stesso artista parla, in alcuni scritti, della sua coscienza come di una camera oscura in cui immagini e ricordi si fondono come in una fotografia cui si ispira per la creazione dei suoi quadri metafisici.

Sarebbe impossibile condensare in un solo articolo le innumerevoli interpretazioni degli oggetti raffigurati nei dipinti di questo artista. Ovviamente l’avventura della Metafisica non finì nel 1914, ma proseguì poi nel 1917 con la fondazione della scuola metafisica a Ferrara.

In questo articolo ho voluto solamente  accennare a uno dei tanti discorsi paralleli che si possono affrontare quando si studia una corrente o un autore in particolare e dare qualche piccolo spunto per l’impostazione di un discorso trasversale, partendo magari dall’importanza degli oggetti nelle opere d’arte.

De Chirico è stato senza dubbio l’autore di un nuovo meccanismo di pensiero: contorto, difficile, ma quantomai affascinante.

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