Nel cuore di Venezia sorge uno dei più interessanti complessi culturali della città lagunare: Palazzo Querini Stampalia, sede dell’omonima Fondazione. Scopriamo insieme la sua didattica!
Il Palazzo contiene una Biblioteca, il Museo e un’area per esposizioni temporanee. Tra le opere esposte, pitture di Giovanni Bellini, Lorenzo di Credi, Jacopo Palma il Vecchio, Bernardo Strozzi, Marco e Sebastiano Ricci, Giambattista Tiepolo, Pietro Longhi, Gabriel Bella e un bozzetto di Antonio Canova. La Fondazione si propone come campo di produzione culturale basata sullo studio e la valorizzazione del proprio patrimonio storico e museale e sulla riflessione attenta a cogliere le proposte più avanzate della contemporaneità. Nel corpo del palazzo cinquecentesco risaltano gli interventi di architettura contemporanea di Carlo Scarpa negli anni Sessanta e, concluso nel 2013, dell’architetto ticinese Mario Botta. A questa intervista risponde Dora De Diana, responsabile delle Manifestazioni Culturali e delle Attività Educative della Fondazione Querini Stampalia.
- Quali sono, secondo voi, gli obiettivi principali della “didattica museale”?
Ritengo che la Fondazione Querini Stampalia si sia sempre occupata di didattica: infatti il Conte Giovanni Querini volle che, dopo la sua morte, il suo palazzo divenisse d’uso pubblico per i dotti e gli amanti del Sapere. Fin dalla sua nascita quindi questa istituzione ha dato la possibilità a tutti di accedere al Sapere, sia dal punto di vista logistico sia attraverso i programmi svolti. Quando si è deciso di proporre un programma continuativo di didattica museale, non si è messa in atto una novità assoluta ma si è allargato il raggio di azione dei pubblici coinvolti: da utenti della Biblioteca e visitatori del Museo adulti, a pubblici diversi: i bambini delle scuole primarie e le loro famiglie, gli anziani nelle case di riposo, le donne ospiti nel carcere femminile della Giudecca, le persone con problemi di sordità. Per tutti sono state cercate delle chiavi di lettura per accedere ai saperi che qui conserviamo, che non sono solo legati all’aspetto museale ma coinvolgono la biblioteca, le architetture e le arti visive contemporanee. Si tratta di di un’offerta trasversale che coinvolge le diverse anime della Fondazione. Si può dire, con cognizione di causa, che in Fondazione non si fa solo Didattica Museale ma, soprattutto, Didattica del Bene Culturale. Di recente si è riflettuto sul fatto che un’istituzione culturale deve essere anche un luogo con dei servizi a misura di famiglia, dove Arte, Storia e Cultura non siano più solo l’obiettivo ma lo strumento attraverso cui si promuove il benessere del bambino e dei suoi genitori. A seguito di queste considerazioni è nato il progetto Casa Macchietta, un luogo dove custodire i bambini in età prescolare, mentre i loro parenti utilizzano le nostre attività e i nostri servizi.
- Con quali fasce d’età lavorate?
Negli ultimi tre anni abbiamo cercato di lavorare soprattutto con le giovani famiglie, proponendo laboratori extrascolastici per i bambini dai 6 ai 12 anni, visite per bambini e parenti e abbiamo attivato la custodia intelligente nello spazio Casa Macchietta adatto ai bambini dai 3 ai 6 anni. Va sottolineato che, nel corso di 15 anni di attività educative continuative, abbiamo progettato ed esplorato diverse attività per differenti fasce di età, anche nell’ambito adulto, tuttavia non siamo mai stati in grado di rendere duraturo il rapporto con il pubblico degli adolescenti. Voglio a tal proposito sottolineare l’incontro “Nuovi cittadini crescono: prove tecniche di partecipazione” a cura della Biblioteca, che ha visto la proiezione del documentario “18 Ius Soli. Il diritto di essere italiani” in collaborazione con il Servizio Immigrazione e Promozione dei diritti di Cittadinanza e dell’Asilo del Comune di Venezia.
- Qual è l’attività/laboratorio che vi siete divertiti di più a realizzare insieme ai ragazzi?
Direi che le due edizioni di Come on Kids realizzate in Fondazione in collaborazione con la Libera Università di Bolzano, sono stati due momenti molto intensi per il gran numero di bambini presenti, ma soprattutto tra i più divertenti che siamo riusciti a realizzare. Nel 2013 la prima edizione ha visto la partecipazione di più di 400 bambini che hanno invaso il Palazzo della Fondazione confrontandosi con tanti designer provenienti da tutta Italia sul tema della grafica e della comunicazione visiva. Nella corte coperta del palazzo sede era stato installato un grande tappeto di carta dove i bambini più piccoli potevano disegnare con strumenti e marchingegni stranissimi: da “Jakson P.” l’automobilina di legno di Martin Lucarelli che muovendosi lascia scie di colore ai “Coloragni” di Gianpietro Gai fatti con le spugne da bagno e con matite al posto delle zampe.
L’edizione 2014 invece ha avuto come tema “Fare un libro” e i bambini più grandicelli hanno potuto sperimentare la creazione dei libri strudel ideati da Jonathan Pierini e Francesca Genova e il laboratorio “Abc, Do Re Mi, RGB” di Lucia Massari e Matteo Rosso, dove è stato realizzato un libro composto di colori e lettere che, attraverso un programma di computer, emette musica personalizzata.
- Qual è la cosa più strana che un bambino o un ragazzo ha detto/ha chiesto in merito ad un’opera esposta presso il vostro museo?
I bambini riescono ad essere così speciali nell’apprendimento che è difficile scegliere tra tanti aneddoti quello più strano. Ne riporto di seguito due: la piccola Margherita, 6 anni, durante una visita guidata in museo in occasione dell’iniziativa F@MU 2014 la GIORNATA NAZIONALE DELLE FAMIGLIE AL MUSEO, con l’aiuto del libro/gioco “Ciao sono Macchietta, vieni a giocare con me?” ha sbottato di fronte ad una Sacra Conversazione di Palma il Vecchio : «Macchietta, vieni via da lì, non puoi rimanere seduto tra la Madonna e San Francesco!», immaginandosi che Macchietta, il cagnolino guida che accompagna i bambini alla scoperta della Querini e che ha dato il nome allo spazio bimbi, si fosse materializzato in mezzo al dipinto cinquecentesco. Maya, 13 anni, durante “Come on Kids2. Fare un libro” ci ha invece detto: «Riuscire a realizzare il proprio libro è bellissimo! Non credo che un e-book possa sostituire un libro. Avere tra le mani un libro è un’esperienza unica, è come sentirlo parte di te. Attraverso un’applicazione non riesci ad annusarne le pagine, a sentire la carta tra le dita, a percepirne lo spirito».
- Qual è la soddisfazione più grande che provate al termine di un’attività/laboratorio didattico?
Credo che sia fondamentale, a conclusione di un’attività, avere la percezione che il singolo o il gruppo abbia condiviso l’iniziativa e quindi, anche se con conoscenze diverse, abbia potuto vivere un’esperienza nuova e stimolante. Mi vengono in mente alcuni episodi che credo possano fungere da esempi:
– scoprire da una settimana all’altra che i bambini delle scuole elementari, partecipanti a Music Circus, ciclo di incontri sulla musica contemporanea di John Cage a cura di Cecilia Vendrasco e del laboratorio Nova Musica, avevano reso proprie una serie di conoscenze in ambito musicale e che le applicavano ad altre aree del sapere;
– il fatto che una signora rom, ospite della Casa circondariale della Giudecca, a seguito di un incontro sulle feste veneziane dipinte da Gabriel Bella e conservate in Fondazione, abbia voluto raccontare gli usi e le tradizioni della festa di San Giovanni Battista del suo paese natale nei Balcani;
– il vedere l’impegno e la passione di genitori e bambini durante la “Caccia al segno”, caccia al tesoro per famiglie svoltasi nel giugno 2015 in campo Santa Maria Formosa e nel giardino restaurato da Carlo Scarpa che ha visto i bambini alla scoperta dei particolari architettonici della zona di santa Maria Formosa, coadiuvati dai loro genitori che dovevano rispondere alle domande sui temi di storia, architettura e legende veneziane.
- Quali vantaggi offre ai bambini e ai ragazzi l’esperienza di laboratorio/attività presso un museo?
L’esperienza più immediata che un bambino ha all’interno di un museo è quella legata al fatto di capire che le materie di studio non sono qualche cosa di astratto che si trova solo sui libri di scuola. La vita di ogni giorno è parte della Storia e ha testimonianze all’interno dei musei. Parafrasando Jonathan Franzen, i laboratori, le attività in un istituzione culturale ci fanno capire che il patrimonio non è qualcosa che si visita ma qualcosa che ci contiene e ci veste. Ed è in quest’ottica che per l’anno scolastico 2015 – 2016, Barchetta Blu, il centro di ricerca che collabora attivamente con la Fondazione per le attività con le classi e per la programmazione delle attività dei più piccoli a Casa Macchietta, proporrà alle classi il tema del Tempo.
- Non dimentichiamoci dei bambini un po’ cresciutelli… didattica museale e adulti: un connubio che funziona? A quali condizioni?
Nella presentazione del catalogo della Pinacoteca della Fondazione Querini Stampalia (stampato nel lontano 1979) l’allora Presidente Germano Pattaro scrive:
Ogni oggetto sia esso pure d’arte, resta esterno e, quindi, estraneo all’uomo se lasciato a se stesso, chiuso in una presunta completezza
ritengo che queste parole esemplifichino in maniera chiara quanto sia importante per tutte le fasce di pubblico trovare le giuste chiavi di lettura per avvicinarsi al bene culturale. Durante questi anni la Fondazione Querini Stampalia lo ha fatto con diverse modalità e strumenti. Dalle visite guidate dei direttori di museo e curatori di mostre organizzate per gli Amici della Querini, agli incontri guidati per gli ospiti di meeting e convegni, alle proposte nelle case di riposo, carceri e Centro di salute mentale di Venezia, ai corsi di inglese e francese in museo per approfondire le conoscenze linguistiche attraverso le collezioni d’arte, alle attività di approfondimento per i volontari che permettono l’apertura del Museo, della Biblioteca e delle Mostre.
È un processo lungo, per alcuni versi difficile, che sta subendo ulteriori modificazioni, con il moltiplicarsi degli strumenti digitali e le diverse modalità di apprendimento che hanno le varie fasce di età del pubblico. Per questo motivo sono fermamente convinta dell’importanza di aggiornare costantemente gli strumenti a disposizione del pubblico, ma anche l’aggiornamento della figura del mediatore, che avviene soprattutto attraverso le esperienze. A questo proposito riporto qui di seguito alcuni episodi che trovo esemplari nel dimostrare, l’importanza dell’avvicinamento mediato dei saperi.
Il primo è successo alla sottoscritta alcuni anni fa alla “Residenza Anni Azzurri” di Mestre, dove, per un paio di stagioni, la Fondazione ha proposto agli anziani ospiti il racconto delle collezioni conservate in museo con immagini e parole. Ad uno di questi cicli aveva partecipato anche una signora non vedente. Una sera il videoproiettore non funzionava e per non deludere il pubblico, ho spiegato il servizio di porcellane di Sèvres, acquistate da Alvise Querini durante la sua permanenza in Francia come ambasciatore della Serenissima, descrivendolo nei minimi particolari. A conclusione della serata la signora mi ha preso da parte e mi ha detto che quella sera, per la prima volta da molto tempo, aveva di nuovo avuto la sensazione di vedere.
Il secondo episodio che qui riporto è invece più recente e riguarda lo spazio bimbi di Casa Macchietta. L’anno scorso le responsabili di Barchetta Blu avevano proposto ai bambini un atelier sulla tecnica del Kamishibai (antica forma di narrazione orale giapponese che prevede la costruzione e l’utilizzo di immagini animate realizzate con il metodo del collage), così interessante che un gran numero di mamme e papà hanno chiesto che venisse organizzato anche per loro lo stesso laboratorio.
- Quali sono le caratteristiche principali delle attività educative della Vostra istituzione?
Alla Fondazione Querini Stampalia l’attività educativa si è sviluppata dagli anni Duemila. Negli anni Novanta, l’educazione non era considerata centrale nelle attività della Fondazione: ci si limitava ad alcuni progetti temporanei e alle visite guidate. All’inizio del nuovo millennio è maturato l’interesse e, per non replicare esperienze educative già in atto in città, è stata fatta una riflessione sugli aspetti unici della nostra Fondazione e su questa linea continuiamo a muoverci. Dopo aver proposto laboratori per scuole e famiglie sull’arte e sull’architettura moderna e contemporanea, ci siamo mossi nel campo dell’educazione alla lettura e dell’educazione all’immagine. Accanto a questi temi, legati ai servizi principali della nostra Istituzione, abbiamo proposto laboratori sulla musica contemporanea, sul design e, prossimamente, proporremo attività dedicate alla danza e alle arti performative. Altro aspetto che ritengo interessante è il fatto che spesso siamo riusciti a proporre attività per diverse fasce di utenza confrontandoci con specialisti di vari settori: l’artista Maria Morganti per un laboratorio sul colore; il critico Carlo Montanaro, per un ciclo di proiezioni per le scuole sul cinema delle origini, la musicista Cecilia Vendrasco per la musica contemporanea, l’attrice Margherita Stevanato e lo scrittore Tiziano Scarpa per l’educazione alla lettura, gli studenti e i designer professionisti dell’Università di Bolzano per il design e, non ultima, la curatrice di Danza e arti performative Susanne Franco.
No Comments
Leave a comment Cancel