Ci sono quadri che sono passati alla storia per la minuzia dei loro dettagli, per la bellezza della composizione, delle luci e delle ombre…e altri che invece sono stati rivoluzionariper la loro rinuncia a tutto questo. Sto parlando dei quadri monocromi.
Il monocromo – l’annullamento della figura
Il monocromo è uno dei temi fondamentali della pittura del ‘900.
Con il passaggio all’astrazione, gli artisti pian piano rinunciarono alle immagini figurative arrivando alla loro totale assenza. I quadri monocromatici rappresentano quindi il “grado zero“, una pittura basica, in cui il colore non è più il mezzo per la comprensione dell’opera ma diventa espressione di una superficie in cui convivono visibile e invisibile, opera e idea.
“Per suprematismo intendo la supremazia della sensibilità pura nell’arte. Dal punto di vista dei suprematisti le apparenze esteriori della natura non offrono alcun interesse; solo la sensibilità è essenziale. L’oggetto in sé non significa nulla. L’arte perviene col suprematismo all’espressione pura senza rappresentazione” K. Malevich.
Con queste parole Kazimir Malevic annunciava il suo Suprematismo, di cui fu fondatore e di cui Quadrato nero ne è l’esito programmato. La scelta di presentare una tela raffigurante un quadrato nero, nel 1915, fu senza dubbio singolare ma ancora più interessante fu la scelta, da parte dell’artista, di esporlo per la prima volta situandolo nell’angolo della sala d’esposizione, luogo in cui secondo la tradizione russa, venivano poste le icone sacre.
Questo dipinto suscitò numerosissime critiche da parte del pubblico e degli esperti ma, ad una più attenta osservazione, si nota che in realtà quello che può sembrare un semplice monocromo in realtà cela dentro di sè una notevole ricerca.
Il Quadrato nero di Malevich infatti non è un vero quadrato! ciascuno dei lati non è parallelo alla cornice e gli stessi non hanno neanche dimensioni uguali. Il nero inoltre è in realtà assente. L’artista utilizzò una miscela di colori ma non il nero, oltre al fatto che la campitura del colore non è omogenea, risultando a tratti screpolata. Insomma un’opera complessa celata da una sconcertante semplicità.
Nero, rosso, giallo e blu…
Non solo Malevich fece del monocromo il suo tratto distintivo. Molti altri artisti nel mondo si dedicarono ad una ricerca in questo senso.
Yves Klein, ad esempio, realizzò moltissimi dipinti monocromi in diversi colori.
Klein utilizzava singoli pigmenti puri; il suo intento era quello di non perdere la luminosità del colore attraverso l’unione della polvere del pigmento con il legante utilizzato. Per lui non si trattava solamente di una questione estetica, bensì di un fatto concettuale; la sua era una ricerca di corrispondenza con l’animo umano.
Attorno agli anni ’50, l’artista sentì l’esigenza di concentrarsi su un unico colore, per affinare al meglio la sua ricerca. Nel 1956 nacque il punto di blu da lui brevettato, un colore oltremare pieno ed estremamente luminoso: l’ International Klein Blue, purtroppo mai prodotto ma utilizzato dall’artista per gran parte della sua produzione.
Ed ancora Rothko in America, ma anche Barnett Newman e Ad Reinhardt ricercarono la loro espressione nell’utilizzo di campiture ad un unico colore.
Infine, per quanto riguarda il panorama Italiano, molti artisti (Fontana, Boetti, Castellani solo per citarne alcuni) si confrontarono con il monocromo, compiendo una scelta non fine a se stessa ma come espressione di una contestazione, connotando il monocromo come una presa di posizione e di rottura con la tradizione.
Alcuni monocromi di Rothko
No Comments
Leave a comment Cancel