Quando trattiamo di pittura nel Rinascimento non possiamo non partire dall’esame delle opere di Masaccio, il cui vero nome è Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai.Nato nel 1401 a Castel San Giovanni in Altura, Masaccio è morto nel 1428 a Roma, in circostanze non note.
Già nel 1417 si trovava a Firenze, dove conobbe Donatello (del quale abbiamo analizzato le opere principali) e il grande architetto Brunelleschi. La base dell’arte pittorica di Masaccio è costituito dallo studio e dalla rilettura delle opere di Giotto alla luce delle regole prospettiche elaborate da Brunelleschi. La prima opera a noi nota è il Trittico di San Giovenale del 1422, che segue le regole della prospettiva (lo notiamo osservando il trono della Vergine) e appare solidamente costruito.
Sant’Anna Mettèrza, invece, è la prima opera che Masaccio realizza con il più anziano Masolino da Panicale e risale al 1424. Masolino è un artista di formazione gotica e in questa tempera su tavola lavora alle figure di Sant’Anna e degli angeli reggicortina: sono caratterizzati da una grande eleganza e le linee sono fluide, ma i personaggi non emergono dal fondo. La Madonna, il Bambino e l’angelo reggicortina in alto a destra, invece, sono stati dipinti dal più giovane Masaccio e presentano un effetto plastico più accentuato: il Bambino è vivace, tanto che Maria lo tiene per un piede, entrambi sono modellati con un ampio uso di ombre e i panneggi appaiono meno rigidi.
Il Polittico del Carmine di Pisa (1426), smembrato nel Settecento e oggi in parte disperso, prevedeva la Madonna col Bambino nella tavola centrale. La Madonna, assisa su un trono marmoreo, si china sul Bambino con un gesto molto naturale, tiene fra le mani un grappolo d’uva (un’allusione al mistero eucaristico) dal quale il Bambino ha staccato un acino, che porta alla bocca. La resa dei corpi è salda, la luce che pervade la scena calda e dà la sensazione di assistere ad un’affettuosa scena tra madre e figlio, rendendo profondamente umana la scena sacra.
Tra il 1426 e il 1428, Masaccio realizza un affresco a Santa Maria Novella, raffigurante la Trinità, che per alcune caratteristiche è un perfetto esempio di pittura nel Rinascimento. Notevole è la resa pittorica dell’architettonica, scorciata dal basso. Masaccio ha impostato la scena immaginando che l’osservatore si trovi al livello dei due committenti, che occupano lo spazio inferiore e sono inginocchiati. Colpiscono immediatamente le dimensioni con le quali vengono raffigurati i due committenti, che seguono la stessa scala metrica delle figure sacre: viene, infatti, rifiutata dal pittore la cosiddetta prospettiva gerarchica, secondo la quale i personaggi più importanti di una scena devono essere raffigurati con dimensioni maggiori rispetto a quelle secondarie. Ancora una volta vediamo applicati quelli che sono i principi fondamentali del Rinascimento, l’attenzione all’uomo e alla sua dignità.
Maria e San Giovanni vengono dipinti in forte scorcio ma le regole della prospettiva non sono applicate né a Cristo crocifisso né al Padre: le figure divine, con questo espediente, appaiono più solenni, come se incombessero sullo spettatore.
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