La didattica dell’arte, lo sappiamo bene, è una disciplina tanto affascinante quanto complessa: è necessario disporre di solide competenze teoriche ma la componente esperienziale e umana ha un’importanza tale da richiedere tantissima pratica e una discreta dose di empatia 🙂
Nelle scorse settimane avevamo già affrontato il complesso tema relativo alla definizione vera e propria del lavoro svolto da un operatore didattico, ci siamo anche chieste se tra apprendimento, musei e creatività c’è davvero un legame e con quali metodologie proporre ai più piccoli attività di qualità.
Su Zebrart cerchiamo sempre di tenerci aggiornate leggendo anche i contributi di autori di altri paesi. Imbattendoci nel pezzo di Dana Carlisle Kletchka comparso su ArtMuseumTeaching.com non possiamo esimerci dal cogliere al volo l’occasione: perché non parlare di ciò che andrebbe migliorato della nostra formazione accademica?
Sappiamo che è impossibile dare una risposta universalmente valida ma noi #zebre saremmo curiose di scoprire cosa ne pensate, quali sono le vostre esperienze e se siete soddisfatti dei vostri percorsi accademici.
Partiamo da qualche spunto del contributo di Dana Carlisle Kletchka che abbiamo tradotto per voi.
Didattica dell’arte: accademia, corsi e università
Il titolo del discorso dell’autrice è “Mind the gap”, che, oltre ad essere un bel modo per ricordare a tutti che è sempre bene guardare dove stiamo mettendo i piedi, per esempio salendo o scendendo dal treno in Gran Bretagna, è un invito ad analizzare la distanza tra il mondo accademico e il nostro campo operativo.
Questo, infatti, si sta allontanando sempre più dai programmi accademici, nonostante sia aumentato il numero di musei che chiedono al proprio personale di grado avanzato un livello sempre maggiore d’istruzione, tra cui il dottorato di ricerca. Questi sono ampiamente disponibili in storia dell’arte, didattica dell’arte e pedagogia. Quale di questi, tuttavia, potrebbe essere il più flessibile e il più versatile? Quale di questi percorsi offre l’occasione di approfondimenti multidisciplinari?
Didattica dell’arte: insegnare è una cosa seria!
Le persone che insegnano nei corsi frequentati dai futuri educatori museali d’arte generalmente non praticano la professione da anni o sono fuori dai musei da un po’. Questao, tutto sommato, è un dato di fatto per la maggior parte dei settori accademici. Le cose, però, cambiano molto velocemente sia nel mondo accademico che in didattica! Come possiamo conciliare il fatto che chi si laurea oggi è seguito spesso nella preparazione accademica da professionisti che, a loro volta, non sono aggiornati? È possibile cambiare la situazione, e come?
Tieni d’occhio le esperienze d’oltreoceano!
L’autrice ci ricorda che esistono molte organizzazioni che si occupano di ricerca e dalle quali possiamo trarre spunti interessanti, materiale di qualità e incontrare professionisti validi. Ad esempio menziona la NAEA, acronimo per National Art Education Association, che ha una commissione di ricerca con un ordine del giorno pensato per «incoraggiare e diffondere la ricerca, comunicare il valore dell’educazione alle arti visive e il suo impatto sugli studenti, le scuole, le comunità e la società». La NAEA punta molto sull’apprendimento professionale affermando che «i membri in tutte le divisioni hanno indicato la necessità di una maggiore comprensione delle metodologie di ricerca e di applicazione di queste metodologie per l’insegnamento e la ricerca». Approfondire questi temi significa comprendere le implicazioni della ricerca nell’attività pratica e sviluppare capacità di conduzione della ricerca.
In breve, l’autrice ci sta chiedendo di tenere d’occhio il “gap”, non solo esprimendo una preoccupazione circa la separazione tra teoria e pratica, ma perché nutre la profonda convinzione che noi siamo le persone più qualificate per modellare e dare forma al nostro campo. Lo dobbiamo alla prossima generazione di educatori museo d’arte, e lo dobbiamo a noi stessi.
No Comments
Leave a comment Cancel